impianto frenante

L’impianto frenante: fase di sperimentazione

La sperimentazione di un impianto frenante

Dopo avere progettato il nostro sistema meccanico – motore, telaio, sospensioni, freni o altro… insomma, dopo le fasi di calcolo e simulazione, al termine della costruzione di uno o più prototipi, arriva finalmente il momento della sperimentazione. In questo articolo utilizzeremo, come esempio, la sperimentazione di un impianto frenante. Si tratta di una fase di analisi del lavoro svolto fino a questo punto. Ma anche, soprattutto, di verifica della corrispondenza delle specifiche con le richieste di inizio progetto. È senza dubbio una tappa emozionante, perché da qui derivano le prime impressioni sul nuovo prodotto e sulle sue potenzialità future.

Ottenere risposte a domande specifiche

Occorre però considerare che testare un componente o un sistema non significa semplicemente “utilizzarlo” e “guardare cosa succede”. Da questo genere di test, infatti, ci aspettiamo delle risposte alle nostre domande di funzionalità, prestazioni e affidabilità. Dobbiamo pertanto sviluppare le prove sperimentali in modo da ottenere risposte anche quando si nascondono dietro tanti altri dati inutili e ingannevoli. Può capitare più spesso di quanto si creda.

Con un po’ di esagerazione, si può affermare che non c’è niente di meno oggettivo di un dato sperimentale. Se non siamo pienamente certi di avere svolto i test in modo opportuno, purtroppo, le misure effettuate non hanno alcun valore. Per questo motivo non si devono utilizzare i relativi dati per valutazioni e riscontri. Svolgere un test sperimentale significa allestire un fenomeno, misurare alcune grandezze fisiche, elaborare i dati e trarre le conclusioni.

Come effettuare le prove

Dobbiamo, innanzitutto, preparare il materiale da testare e le attrezzature necessarie al test. Predisporre le misure che vorremo effettuare, organizzare le persone che occorrono e ogni altra attività utile allo svolgimento della prova sperimentale. Ma come effettuare le prove? Qui ci vengono incontro l’esperienza, il buon senso e una teoria chiamata DOE (design of experiment). Quest’ultima ci aiuta a gestire l’esperimento fin dalle fasi dell’ideazione, della pianificazione, fino ad arrivare all’elaborazione dei dati acquisiti durante la prova.

La pianificazione di un esperimento è un metodo organizzato e strutturato per determinare le relazioni tra i parametri che influiscono sul processo e sul suo risultato finale. Si effettua, ovviamente, partendo dagli obiettivi che ci prefiggiamo. Per esempio: verifica della funzionalità, misura delle prestazioni, analisi delle usure, livello di ecologia o praticità di intervento. È inoltre essenziale capire il fenomeno per riconoscere tutti i parametri che più lo caratterizzano. Il lavoro sarà quindi concentrato sulla misura di queste grandezze, scartando tutto ciò che invece non è necessario.

Mantenere il totale controllo

Un altro aspetto essenziale per il buon esito di un lavoro di sperimentazione, è la gestione di ciò che avviene affinché nessun parametro influente finisca “fuori controllo”; controllare significa impedire che azioni non volute modifichino il processo o che, se lo fanno, siamo in grado di tenere conto della loro influenza. È pertanto essenziale impostare le condizioni di prova di cui abbiamo bisogno, e tenere sotto controllo tutti i parametri che possono modificarle in modo non voluto. Se questo non avviene i nostri dati sperimentali sono sbagliati e, quel che è peggio, ingannevoli (perché noi pensiamo siano attendibile).

Per ottenere dei dati oggettivi è opportuno, durante le fasi di allestimento, sviluppo e analisi di un test, lasciare da parte qualsiasi effetto emotivo riguardante le persone coinvolte. Solo chi ha esperienza di prove sperimentali sa, infatti, quanto questo aspetto sia in grado di condizionare l’esito di un test. Per farci velocemente una idea proviamo a pensare a quanto possa cambiare il tempo sul giro, a parità di altre condizioni, di un pilota motivato e sicuro, con il tempo che potrebbe invece ottenere anche soltanto un’ora dopo, ma con uno stato d’animo non adeguato. In questo caso “l’effetto pilota” diventa il parametro che più incide sul nostro test.

Mentre si stanno svolgendo le prove, è estremamente importante avere un unico obiettivo per potersi concentrare solo su quello. Farlo infatti permette di minimizzare il dispendio di tempo e soldi. Non c’è niente di più facile che perdere di vista questo aspetto, quando un tecnico sta approfondendo sperimentalmente un problema o un nuovo progetto!

Impianto frenante

Misurare alcune grandezze fisiche.

Cosa sono le grandezze fisiche e cosa vuole dire misurarle?

Una grandezza fisica è un fenomeno che si può definire sia qualitativamente (se il fenomeno c’è) che quantitativamente (quanto è). Questa grandezza viene caratterizzata da tre attributi: la specie (cioè di cosa si tratta), l’unità di misura (cioè una grandezza campione) e la misura (il numero che rappresenta quante volte l’unità di misura è contenuta nella grandezza da misurare).

Ad esempio, la grandezza fisica può essere il calore di un corpo che quantificheremo come livello di temperatura. La sua unità di misura è il grado centigrado. La misura invece consiste nel numero che rappresenta la quantità dei gradi presenti.

I tecnici che svolgono le prove sperimentali prendono pertanto confidenza con le attrezzature che consentono di effettuare le misure: gli strumenti di misura. Occorre conoscerli, saperli scegliere, tarare, utilizzare in funzione delle possibilità e delle caratteristiche del test.

Elaborare i dati

Non sempre i dati dei test, così come li abbiamo misurati, ci consentono di capire cosa succede. A volte infatti vanno ulteriormente elaborati per ottenere informazioni più chiare e di facile interpretazione. Elaborare i dati significa cambiare la loro forma – per renderli più consultabili – ma non la sostanza. Non vengono, quindi, modificati.

Trarre le conclusioni

Dopo avere effettuato il test, misurato i dati – preparandoli nella forma più idonea -, arriva il momento di usarli per rispondere alle domande iniziali che ci eravamo posti su come funziona il nostro prodotto. Finalmente avremo le risposte che cercavamo. Dobbiamo però passare dai numeri e dalle misure effettuate a delle valutazioni e conclusioni. Occorrono preparazione, esperienza e un po’ di intuito tecnico per svolgere al meglio questa fase, che è sicuramente la più delicata. Arrivati qui è necessaria una certa attenzione per non effettuare errori. La fase si conclude con la stesura di un report, più o meno ampio, con le risposte documentate alle domande da cui siamo partiti.

Test in laboratorio e in pista

Nello sviluppo dei veicoli abbiamo due grandi tipologie di test: quelli in laboratorio e quelli in pista. Entrambi sono utili e meritano di essere sviluppati anche se, in generale, hanno caratteristiche molto diverse. In pista la prova ci consente di tenere conto di ogni aspetto, perché le condizioni sono quelle dell’utilizzo finale. Alcuni parametri sono, tuttavia, mutevoli. Ad esempio, le condizioni atmosferiche o l’usura degli pneumatici.

Non è sempre facile effettuare dei confronti tra le diverse misure. L’opposto avviene nei test di laboratorio e al banco, in cui è molto più facile tenere tutti i parametri sotto controllo. E, di conseguenza, confrontare le diverse misure. In ogni caso non tutti i parametri possono essere gli stessi che troveremo in pista. Ecco perché quando è possibile, è meglio effettuare entrambe le prove sperimentali e incrociare i dati rilevati in laboratorio con quelli acquisiti in pista. Solamente in seguito si potranno trarre conclusioni.

 

Impianto frenante

Come si sviluppa l’attività di sperimentazione di un nuovo impianto frenante?

L’accelerazione di una vettura dipende dalla potenza del motore, la decelerazione, invece, dalla potenza frenante. I freni trasformano l’energia di moto della vettura in energia termica attraverso l’attrito tra le pastiglie e il disco. L’energia termica viene a sua volta dissipata attraverso l’aria circostante. L’impianto frenante, pertanto, fa il lavoro inverso del motore, dissipando l’energia in possesso del veicolo. Se guardiamo i dati di accelerazione e decelerazione di un’auto da corsa notiamo che i valori di decelerazioni sono sempre superiori a quelli di accelerazione, pertanto la potenza frenante dei freni è sempre superiore a quella motrice del propulsore.

In generale, un impianto frenante è composto da una pompa idraulica che riceve il comando di azionamento dal pedale del freno e mette in pressione l’olio. Questo, attraverso le tubazioni, raggiunge la pinza freno e produce il movimento delle pastiglie verso il disco. (In realtà è un’onda di pressione che si diffonde attraverso l’olio, e la pressione nella zona delle pastiglie produce il loro movimento). Le pastiglie vanno a contatto con il disco-freno: queste ultime sono ferme, mentre il disco ruota alla velocità delle ruote. Questa diversa velocità crea una forza di attrito che rallenta gradualmente i dischi e, di conseguenza, le ruote.

Carichi adeguati all’impianto frenante

Se l’attrito esistente tra pneumatico e asfalto lo consente, anche l’auto rallenterà. La forza frenante massima che una ruota può trasmettere al suolo, infatti, è data dal prodotto tra il coefficiente di attrito pneumatico-asfalto e il carico verticale agente sulla ruota stessa. Se questa forza di attrito non sarà sufficientemente elevata, otterremo soltanto uno slittamento delle ruote sul terreno. Pertanto, proprio per le modalità di lavoro dello pneumatico, l’impianto frenante non potrà mai essere sottoposto a carichi maggiori di quelli che lo pneumatico e l’asfalto possono trasmettersi.

Così, da un certo punto di vista, lo pneumatico funziona come “valvola di sicurezza” per l’impianto frenante. Anche se, ovviamente, quando lo pneumatico scivola sull’asfalto l’auto non viene frenata e procede senza rallentare. Questo comportamento va considerato nei test al banco, perché mancando ovviamente lo pneumatico, si rischia di sollecitare a carichi molto alti l’impianto frenante.

Chi ha testato in pista una nuova modifica all’impianto frenante avrà notato che tra le diverse soluzioni provate, spesso ciò che offre i migliori risultati prestazionali è effettuare un test con gomme nuove. Oppure, con la pista nelle migliori condizioni di aderenza. Questi parametri infatti influiscono pesantemente sulla frenata. Si può cercare di tenere conto degli effetti in questione, ma se abbiamo la possibilità di svolgere dei test al banco dei freni, potremo fare delle prove senza dover considerare l’influenza delle gomme e della pista sulla frenata. Successivamente, sarà necessario completare lo sviluppo sperimentale in pista.

Come si svolge un test al banco di prova dei freni?

Innanzitutto dobbiamo stabilire quali aspetti dell’impianto frenante sono da approfondire. Potremmo voler conoscere la potenza frenante del sistema, l’energia termica dissipabile, la rigidezza del sistema, oppure le prestazioni del materiale delle pastiglie.

Deciso l’obiettivo dei nostri test, si conoscono le grandezze che dobbiamo rilevare. Di conseguenza, i sensori che dobbiamo allestire sul banco: questi ci permetteranno di conoscere le varie grandezze fisiche in ogni istante della prova. Allora i dati vengono scaricati su un computer che li raccoglie e li elabora nel modo da noi scelto e impostato.

Dobbiamo poi decidere le condizioni di svolgimento del test. Ad esempio, la velocità di rotazione del disco, il carico sulla pompa idraulica di comando o le temperature di funzionamento. Possiamo avere misurato i parametri più importanti di funzionamento in pista e utilizzare questi anche al banco per essere nelle stesse condizioni.

I parametri li scegliamo tutti uguali a quelli che riscontriamo in pista?

In realtà questo approccio è piuttosto semplicistico. Le condizioni generali tra pista e banco sono infatti diverse. Per esempio, il movimento di raffreddamento dell’aria è difficilmente lo stesso. Pertanto non è possibile avere tutte le grandezze uguali tra banco e pista. Così si fanno delle scelte in funzione dell’obiettivo della prova. Se vogliamo verificare le prestazioni delle pastiglie, è fondamentale che la temperatura di funzionamento sia la stessa che abbiamo in pista – magari utilizzando un diverso carico. Oppure, a fronte di esperienze passate, si velocizzano prove di durata aumentando le forze in gioco rispetto a quelle di normale funzionamento. Sembra una contraddizione ma non lo è. Dobbiamo infatti scegliere parametri diversi, affinché il fenomeno che stiamo studiando sia equiparabile a quello che si incontra in pista.

Quando il banco è pronto posizioniamo l’impianto frenante sperimentale, poi avviamo il banco ed effettuiamo le misure. Infine elaboriamo i dati acquisiti, preparando tabelle e grafici per interpretare e confrontare questi ultimi. Un report con le misure effettuate e le considerazioni conclusive terminerà il lavoro di sperimentazione. Al termine di quest’ultima, meglio se sviluppata sia in laboratorio che in pista, si evidenziano le caratteristiche del progetto e le eventuali modifiche necessarie. Così il progetto viene aggiornato. Poi si valuta la necessità di una ulteriore fase sperimentale di verifica, sicuramente molto più breve di quella precedente. A questo punto il sistema meccanico o il componente è pronto e collaudato. La fase successiva è costituita dalla produzione, di cui parleremo nel prossimo appuntamento.

Banco prova impianto frenante